E’ il 28 Maggio 1606, in un capannone di legno vicino a Campo Marzio Michelangelo Merisi sta giocando a pallacorda contro Ranuccio Tomassoni. Purtroppo un corpo letale colpisce a morte quest’ultimo.
Le origini nobili dell’uomo rendono l’incidente un affare diplomatico. Per cercare perdono l’amico di Michelangelo nonché, sembra, compagno di doppio, Gianbattista Marino, suggerisce la realizzazione dell’opera “La morte di Giacinto” riprendendo una storia delle “Metamorfosi”.
La presenza della racchetta attualizza la storia e attribuisce la morte del protagonista alla violenza impressa alla palla durante la gara. Pensiamo che la palla in questione era una sfera di cuoio molto pesante. La pietà e la compassione negli occhi del soccorritore (Caravaggio) avrebbero dovuto muovere al perdono la famiglia del malcapitato. Così non fu ed ebbe inizio l’esilio dell’artista.
La presenza dello sport in un dipinto del 1600 ci dà anche l’occasione per una riflessione antropologica. Lo sport non come esibizione agonistica ma come ruolo nella società, al pari delle contese cavalleresche che stavano cedendo il passo. Contese intrise di forza, orgoglio, lealtà, onore.
Eterni principi che non dobbiamo dimenticare mai quando entriamo in campo. In bocca al lupo per la nuova stagione a tutti.